P. Pio Spiridione Monchelato

Padre Pio – così egli desiderava essere chiamato – era nato a Molino di Altissimo (Vi), in contrada Pèrari il 29 luglio 1908; era il quarto dei sette figli di Francesco e Scolastica Dalla Valle. Cresciuto all’ombra della nuova chiesa di Molino, da poco costruita, entrò nella Scuola Apostolica a Vicenza nel 1921 per compiervi gli studi ginnasiali. Nel 1925 fece l’anno di Noviziato a Parma, presso la Casa Madre dei Saveriani, che concluse con la prima Professione religiosa emessa nel 1926 nelle mani del Fondatore. A Parma concluse gli studi liceali e teologici. Nel libro Cronistorico della chiesa di Molino troviamo annotato che il parroco Don Luigi Carlotto, nella funzione domenicale del 14 febbraio 1932, annunciò dall’altare ai fedeli un’importante novità: “Il nostro parrocchiano padre Spiridione Pio Monchelato, della Missioni Estere di Parma, sarà consacrato sacerdote il 20 febbraio”. Al termine dell’omelia il parroco pronuncia la semplice frase “Preghiamo per Lui”: una vera e propria profezia, viste le difficoltà cui andrà incontro il novello missionario.

Consacrazione sacerdotale di padre Pio Monchelato

Così il 20 febbraio 1932 fu ordinato Sacerdote a Parma nella Chiesa di S. Vitale dal Vescovo Missionario Mons. Calza,Vicario Apostolico di Cheng-chow, assieme ad altri 9 Confratelli. Quando celebrò la sua prima Messa solenne, a Molino si fece grande festa perché era il primo sacerdote nativo della parrocchia. Non è stato possibile conoscere la data precisa di questo avvenimento perché su un simulacro (santino) conservato da Don Luigi è impressa più volte a mano la data del 27 marzo 1932, giorno di Pasqua, mentre nel Cronistorico viene indicato il giorno 3 aprile 1932 dove “canta la sua prima messa solenne a Molino: grande festa”. Dopo un soggiorno in famiglia, Padre Pio partirà il 7 luglio 1932 da Venezia in nave per Shang-hai in Cina per la sua prima missione Apostolica assieme ad altri otto missionari a Cheng-chow.

Gli anni della Cina

I primi anni li passò a Wang-kow presso la residenza vescovile per l’apprendimento della lingua cinese e per la necessaria acclimatazione. Questa riuscì piuttosto laboriosa per P. Monchelato che ai primi di gennaio del 1933 fu colpito da febbre tifoidea, malattia di cui ne risentirà per tutta la vita. Dimesso dall’ospedale e ripresi gli studi, potè cominciare i primi approcci dell’evangelizzazione Accompagnando i confratelli e alternando il lavoro anche nel Rettorato di Pang-tsuen. Nel 1937 fu nominato Rettore di Y-chwan-hsien e di Sung-hsien nelle impervie zone del profondo sud di Loyang. Era una zona malfamata nel cuore di Ychwan, misera e infestata da briganti che razziavano e uccidevano senza timore, forti della mancanza delle Istituzioni in quanto la Cina in quegli anni era in guerra contro il Giappone. P. Pio Spiridione Monchelato da giovane. Sul territorio i Missionari si avvalevano dell’aiuto di maestri del posto che durante gli insegnamenti scolastici educavano anche al Vangelo e alla Cristianità. Amava spostarsi in bicicletta per far visita a varie cristianità lontane sui monti anche 100 o 200 Km. Nel luglio del 1938, a causa della guerra e dei briganti fu trasferito a Shan-chow come secondo aiutante di P. Fontana ma anche per la sua salute non proprio florida le cui conseguenze se le portò per tutta la vita. Nel settembre 1939 fu nominato aiutante di P. Lanciotti nella Cristianità di Mienchih, zona che era spesso bombardata dall’aviazione Giapponese e il 25 ottobre una bomba cadde a pochi metri dalla loro abitazione facendo gravi danni. Nel 1941 fu nominato Rettore di quella cittadina e vi rimase fino al giugno 1942 nonostante i pericoli della guerra. Nel giugno del 1942 seguì la sorte degli altri confratelli e fu mandato nel campo di concentramento di Sichwan subendo giornaliere torture come la messa al muro di fronte al plotone di esecuzione. Vi rimase fino all’estate del 1945, cioè fino alla fine della guerra. Dopo la liberazione, rimase nella sua cittadina di Mienchih fino all’agosto 1947 quando, sotto la pressione dell’occupazione comunista, dovette spostarsi fino a Shanghai che dovette abbandonare nell’estate del 1950 quando fu costretto ad un precipitoso rimpatrio.

Ritorno a casa

Durante il suo apostolato, si meritò l’apprezzamento del Governo per aver salvato molte persone da una terribile carestia che colpì quel paese quando con grande responsabilità riuscì a distribuire aiuti concreti e salvare dalla morte certa innumerevoli famiglie. Si adoperò a propagare la fede Cristiana ininterrottamente per ben diciotto anni in quelle terre di missione. Leggendo le note della sua vita tribolata in missione, credo che solo l’adempimento entusiasta e deciso per la sua causa di apostolato sia stata l’unica ragione per farlo perseverare. Conclusa la sua avventura cinese, dopo un breve periodo trascorso in Italia, nel 1951 fu inviato a Glasgow in Scozia per una probabile destinazione negli U.S.A (Texas). Ma nel 1952 fu invece definitivamente destinato al Brasile, come suo nuovo campo di lavoro, per il quale partì il 14 luglio 1953.

In Brasile

Il 27 luglio sbarcò a Santos assieme ad altri 4 missionari. Subito furono ospitati nel seminario dei padri Claretiani a Curitiba. Il primo anno di lavoro lo svolse nella parrocchia di Antonina (Stato del Paranà) poi tornò a Curitiba dove riuscì a costruire la chiesa, intitolato alla Nostra Signora di Fatima e a fondare la parrocchia che porta lo stesso nome. Nel 1957 fu nominato parroco a Morretes, sempre nella stessa diocesi. Negli anni successivi P. Monchelato fu destinato a reggere altre parrocchie: Warta, Centenario du sul e Londrina; tutto ciò fino a metà marzo del 1963. Le parrocchie erano molto vaste, la gente molto buona e ben disposta verso i missionari ma anche lì erano molto poveri. In questo periodo ebbe modo di curare i rapporti con le parrocchie e i vicariati e di seguire i legami verso gli enti territoriali, dedicandosi all’istruzione religiosa, specie verso i bambini sorretto dalla dedizione delle Sorelle Saveriane coadiuvate dalle Figlie di Maria. Erano due ordini di suore che operavano in accordo, in quella terra di Evangelizzazione.

Una importante nomina

Nel 1963, dopo un periodo di riposo in Italia, fu mandato a Belèm (Amazzonia) dove ricoprì incarico di Vicario Generale di Abaetè, prestandosi nel ministero a Barcarena ed a Belèm (Stato di Acre) aiutando e sostituendo, nella podestà ordinaria, il Vescovo nel governo della diocesi. Nel 1966 fu nominato Amministratore Apostolico (ad nutum S. Sedis) nella Prelatura ecclesiastica di Abaetè (Stato di Tocantins) fino all’arrivo del nuovo Vescovo Prelato Mons. Frosi. Dovette in quel periodo adeguarsi al cambiamento che il Concilio Vaticano fece nell’ordinamento della chiesa subendo anche le contestazioni dei fedeli per questo repentino cambio di costumi e mentalità.Negli anni 1968-69 tornò in Italia, come addetto al ministero e all’assistenza religiosa dei malati nella Casa Saveriana di Napoli Posillipo, diventata nel frattempo una casa di cura per malattie cutanee dove nel contempo poté curare il suo fisico. Nel 1970 egli è di nuovo in Brasile (Stato di San Paolo) dove lavora a Piraju fino al 1975, poi a S. Mariana ed infine ritorna ancora a Piraju alternando rientri in Italia per curasi di un male che si manifestava sempre più evidente. A Piraju era anche cappellano dell’ospedale e della casa di riposo. La sua dedizione verso gli ammalati e gli anziani era ammirevole, con la sua calma, la sua dolcezza ed il suo sorriso scherzoso, sapeva conquistare tutti tanto che molti fedeli della parrocchia andavano a confessarsi da lui. Appassionato di allevamento di uccelli, aveva trasformato il giardino della casa di riposo in un luogo attraente e incantevole e pieno di canarini. Questo rendeva meno pesante la nostalgia e la solitudine dei vecchietti. Nell’inverno del 1976, dopo un periodo di vacanze in Italia, fece ritorno in Brasile dove si ritirò alla “Domus” di S. Paolo, dedicandosi al ministero e all’accoglienza dei Confratelli, rimanendovi fino al suo rientro in Italia per una malattia dovuta alla cattiva circolazione della gamba destra che gli provocò una cancrena e lo costrinse ad un rientro urgente in Italia. Ricoverato in Ospedale a Parma nel luglio 1980, visto lo stadio avanzato del male e dopo aver tentato invano di curarlo, i medici furono costretti ad amputargli una gamba. Il giorno seguente all’intervento chirurgico, il 3 agosto 1980 avveniva il suo incontro con il Signore mentre veniva trasportato alla Casa Madre. I disturbi circolatori che da tempo accusava ad una gamba si erano seriamente aggravati, fino a portarlo alla tomba in modo repentino.

Il ritorno a Molino

Di animo sensibilissimo, Padre Monchelato era molto apprezzato dai Confratelli per la sua piena lealtà, la sua fedeltà e la bonomia, che lo rendevano amico di tutti. La sua bontà e serenità furono molto apprezzate anche durante la degenza all’Ospedale di Parma. Il tono della sua voce trasmetteva sensibilità e allegria. Nella mia mente resta il ricordo della sua persona reverente e gentile, che ho conosciuta nel corso di alcuni incontri con i miei genitori, che ben conosceva in quanto nati tutti in contrada Pèrari. Le sue spoglie riposano nel nostro cimitero, forse in forma troppo anonima e umile, come peraltro era il suo carattere e il suo modo di vivere. Da quando nel 1903 è sorta la chiesa di Molino, è stato il primo parrocchiano a ricevere l’ordinazione sacerdotale e, nella sua vita da missionario portò il dono della fede ai fratelli della Cina e del Brasile arrivando ad assumere la carica di Amministratore Apostolico. È un Vescovo, nominato dal Pontefice, che nei luoghi di missione – com’era il Brasile in quel periodo- viene incaricato di amministrare un territorio che per diverse ragioni non era ancora organizzato come diocesi. Con questo scritto intendo diffondere nella nostra Comunità i suoi meriti e le vicende della Sua vita perché rimanga una più ampia conoscenza e una meritevole gratitudine verso la Sua Persona.

Nel cimitero di Molino

Da quando nel 1903 è sorta la chiesa di Molino, è stato il primo parrocchiano a ricevere l’ordinazione sacerdotale e, nella sua vita da missionario portò il dono della fede ai fratelli della Cina e del Brasile arrivando ad assumere la carica di Amministratore Apostolico. È un Vescovo, nominato dal Pontefice, che nei luoghi di missione – com’era il Brasile in quel periodo- viene incaricato di amministrare un territorio che per diverse ragioni non era ancora organizzato come diocesi. Con questo scritto intendo diffondere nella nostra Comunità i suoi meriti e le vicende della Sua vita perché rimanga una più ampia conoscenza e una meritevole gratitudine verso la Sua Persona.

Marzo 2020

Miro Monchelato

Chiamato alla vita missionaria rispose con gioia all’appello divino e si preparò con amore a diventare araldo del vangelo. Subito dopo l’ordinazione sacerdotale partì per il campo lontano della Cina ove lavorò per diciotto anni con vivo impegno e tra mille difficoltà. Costretto dalla furia comunista ad abbandonare la sua amata missione spese quasi tutto il resto sua vita nella promettente chiesa del Brasile. Terminata la sua giornata terrena riposa nella pace del Signore che aveva guidato ogni passo del suo lungo cammino apostolico